L’effetto della complessità più evidente, ma anche più difficile da dominare e contenere è l’aumento dei costi. Questo aumento giunge, talvolta, a vanificare gli sforzi volti a mantenere il fatturato in linea con gli obiettivi che ci si è dati e si mangia larga parte dei miglioramenti conseguiti, spesso con fatica, nel margine di intermediazione.

Come si può cercare di operare in modo efficace in questa situazione?

La risposta è semplice: è opportuno cambiare il “paio di occhiali” con i quali si è abituati a leggere i costi. Una lettura per natura della risorsa produttiva del tipo costo del personale, spese di vendita, costi di trasporto, spese telefoniche, spese bancarie e così via è pericolosa: si mettono insieme troppo cause diverse che hanno generato quei costi. Così pure non funziona più la distinzione costi variabili- costi fissi: poiché i costi variabili, si sono ormai ridotti a pochi elementi di costo e sono comunque variabili solo all’in su; mentre molti costi fissi (come il costo del personale) sono diventati variabili non rispetto ai volumi ma al grado di complessità. Il nuovo “paio di occhiali” richiede che ci si muova da questa riflessione: i costi non dipendono direttamente dai prodotti o dai servizi che si offrono, ma dalle attività che si svolgono per offrirli e soprattutto da come si svolgono queste attività.

Così, per svolgere l’attività di “visitare” un cliente, un’attività che ad esempio richieda di andare da Milano a Bologna, ha tanti modi per essere svolta, con tempi e costi molto diversi. Per di più, mentre la macro attività “visitare un cliente” è un’attività che il cliente apprezza (si sta creando valore per il cliente), la necessaria attività di trasferimento per il cliente è del tutto irrilevante, a meno che non vada a suo danno: se, ad esempio, voi arrivate con un forte ritardo all’appuntamento. Questa esemplificazione dovrebbe aiutare a riflettere su quanto il costo di uno stesso prodotto o di un servizio possano essere molto diversi in relazione alle attività che si svolgono e soprattutto a come si svolgono tali attività, con che strumenti e con quali tempi. Così se si vogliono leggere i costi in modo nuovo, bisogna abbandonare le “tradizionali” impostazioni per natura del costo (esempio costo del personale o spese di viaggio) o per centri di costo (esempio, spese dell’ufficio commerciale o spese degli uffici amministrativi) e concentrarsi su questa nuova ottica: costi per attività. Così ci si può, ad esempio, domandare: quanto costa gestire la relazione con i clienti, in termini di tempi dedicati da tutte le persone che entrano in contatto con il cliente, di supporti informatici e di telefonia che si utilizzano, di eventi o altre attività realizzate per “manutenere” queste relazioni. Si realizza così una lettura diversa delle aree di responsabilità gestionali e si rilegge l’azienda per singole attività, riaggregabili poi in macro processi gestionali. Pertanto, se si desidera effettuare una lettura strategica dei costi è necessario osservarli con riferimento alle attività che si svolgono in azienda per confezionare l’offerta complessiva con la quale ci si rivolge al cliente: perché vengono svolte e come vengono svolte. Può darsi che non tutte siano necessarie o che siano svolte male, con modalità obsolete. Nell’effettuare questa rilettura si può rimanere sulle macro-attività/processi o articolarle in attività più di dettaglio.

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Quando si svolge quest’analisi si parla di “mappatura delle attività”. Il grado di profondità al quale spingersi con questa mappatura è una decisione che deve essere presa in relazione al grado di complessità e rilevanza delle diverse attività. Quale che sia la profondità della mappatura, sono le attività e non più i centri di costo che debbono essere considerate come il nuovo oggetto di calcolo, rispetto al quale rilevare i costi. Purtroppo le informazioni necessarie per effettuare delle analisi dei costi per attività, non sono disponibili in automatico se si hanno solo le tradizionali rilevazioni contabili. Tuttavia, si può precisare che per effettuare una rilevazione utile per poter disporre dei costi per singole attività: a) l’operazione è spesso semplice, poiché molte risorse (persone e anche altre risorse) sono dedicate unicamente e interamente allo svolgimento di una determinata attività, soprattutto se nell’analisi si rimane su macro-attività o processi (cosa che si consiglia per non aggiungere alla complessità altra complessità); b) l’attribuzione dei costi alle attività può essere un po’ più articolata e complessa per quelle risorse, che danno il loro contributo allo svolgimento di più attività; in questo caso si devono predisporre delle rilevazioni per tempi e quantità di risorse consumate per ognuna delle attività allo svolgimento quali la risorsa ha dato un suo contributo. Così per una persona che svolga la sua attività di supporto alla vendita in show room, ma che poi a livello commerciale svolga anche un’attività di prevendita mantenendo una relazione/contatto (telefonico e on line) con alcuni architetti, sarebbe opportuno avere un’indicazione attraverso un time report, del tempo o della percentuale del suo tempo dedicata all’ attività di vendita e a quella di prevendita. Ma, altrettanto evidente è lo sdoppiarsi su due attività molto diverse tra loro di un responsabile amministrativo che oltre alla tenuta della contabilità generale, alle adempienza Iva o all’attività di predisposizione del bilancio, svolga una pluralità di attività a supporto del controllo di gestione. Anche in questo caso un time report aiuterebbe a distribuire il suo tempo e quindi il suo costo sulle due attività: attività per il rispetto degli adempimenti amministrativi e attività a supporto del controllo di gestione svolto dai vertici aziendali. Per quale delle due attività è strategicamente più importante “spendere” ? La risposta, per quanto si è sin qui evidenziato, consente di proporre un primo suggerimento: chiedersi sempre “perché” si sta spendendo e non tanto “dove si sta spendendo”. Se si guardano i costi del magazzino, non nei suoi aspetti legati alle merci, ma alla movimentazione delle stesse ci si deve chiedere: quanto si sta spendendo per svolgere questa macro attività e subito dopo interrogarsi su come si è organizzati (struttura fisica del magazzino più o meno automatizzato, personale addetto, programmi software sia per la gestione dei riordini d’acquisto che per l’evasione degli ordini di vendita), poiché è da quest’aspetto che possono dipendere costi più o meno alti. Ma poi c’è un’altra questione da affrontare: l’efficacia di questa macro-attività e allora ci si domanda: qual è l’ adeguatezza del servizio che si offre ai clienti in termini di tempi di evasione dell’ordine e completezza dell’ordine evaso ? E dato che questa macro attività fa sicuramente parte della vostra customer value proposition di base, se si sta spendendo poco in questa attività, non è detto che si stia facendo il bene dell’azienda. Quindi per svolgere quest’attività non si devono tagliare i costi, ma anzi è opportuno spendere di più. Per poter spendere di più in questa o in altre attività strategiche si possono recuperare risorse da altre attività, quelle che non creano valore per il cliente. Ed ecco quindi che un secondo suggerimento per recuperare risorse è: non tagliare i costi, ma tagliare gli sprechi. E si noti che gli sprechi non sono solo i costi che si sono sostenuti senza nessun concreto vantaggio per noi, ma quelli che non creano valore per il cliente. Gli sprechi sono legati al tempo che ognuno di noi dedica ad attività che al cliente non interessano, né direttamente né indirettamente. Così ritornando al responsabile amministrativo e al suo doppio ruolo di presidio degli adempimenti amministrativi e del controllo di gestione, gli sprechi si possono annidare in entrambe le attività. Le attività del primo tipo sono necessarie per una tranquillità giuridico-fiscale dell’imprenditore e dei suoi soci, ma non creano valore per il cliente. Il controllo può invece creare valore per il cliente, anche se questo avviene solo se il controllo costringe i vertici ad aumentare l’attenzione verso l’ascolto del cliente e verso la soddisfazione delle sue esigenze. E le tradizionali impostazioni del controllo, invece, non svolgono questo ruolo. Terzo ed ultimo suggerimento, legato al fatto che è passata l’era della sola efficienza, oggi conta molto di più l’efficacia. Questo significa che il problema non è spendere meno. Il problema è diventare bravi nello “spendere bene”. Questo significa superare l’abitudine che molti di noi hanno di focalizzarsi sull’efficienza, sul “far bene le cose”, anzi farle meglio che si può. È invece necessario prima di tutto individuare e poi “fare le cose giuste”. Queste sono le “cose”, le attività che interessano il cliente e dall’efficace svolgimento delle quali dipende prima la sua soddisfazione e poi la sua fidelizzazione. E’ in queste attività che è necessario profondere il massimo impegno. Così ad esempio, se il cliente non ama fare la coda in punto vendita, si devono trovare delle soluzioni non tanto per velocizzare la coda (efficienza, che fra l’altro può comportare una possibile caduta nella qualità del servizio), quanto piuttosto per ridurre lo stress da coda, evitando, ad esempio, che i soliti furbi possano superare. Queste informazioni di costo per attività, incrociate con la diversa rilevanza strategica delle diverse attività consente di ridurre i costi senza andare a danno del prodotto/servizio che il cliente riceve. Anzi in alcuni casi, tagliando gli sprechi e liberando delle risorse, si possono addirittura migliorare, a parità di costi, le modalità di svolgimento di alcune attività strategiche. Si migliora di conseguenza l’offerta che nel complesso un’impresa propone al suo cliente. Tuttavia se non si cambia il “paio di occhiali” si rischia di non riuscire a farlo. Si rischia di non riuscire a gestire i costi, ma di essere gestiti dai costi.

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